I graffiti in Cina, un libro sui 涂鸦

Uno degli aspetti più affascinanti della Cina, è probabilmente la contaminazione culturale presente soprattutto tra la popolazione più giovane. Se da un lato il governo di Pechino sottolinea una via cinese al futuro, la presenza della Cina sulla scena internazionale l’avvicina per molti aspetti alla cultura occidentale. Un fenomeno evidente soprattutto nelle sue megalopoli, come ci ricorda un libro recente che affronta il tema dei graffiti, in cinese 涂鸦 (túyā), nonchè di tutto il mondo che vi ruota attorno. Il libro, edito dalla Bologna University Press si chiama proprio I graffiti in Cina.

涂鸦

Giusto a titolo informativo diamo un’occhiata a cosa significa 涂鸦 (túyā). Le autrici del libro di cui stiamo parlando ci dicono che letteralmente涂鸦(túyā) significa scarabocchiare, dove (tú) significa spandere e (yā) significa corvo. Un senso quindi negativo che indica qualcosa di brutto e disordinato. Oggi la definizione di graffiti in Cina è più articolata, dato che ormai i graffiti hanno assunto o stanno assumendo un loro status di arte contemporanea. Come segnalato nel libro, in graffiti in Cina arrivano solo nella metà degli anni ’90 del XX secolo, fenomeno quindi recente.

Recensione

Il libro è molto interessante perché affronta il tema dei graffiti da una molteplicità di punti di vista, da quello appena visto terminologico sino a quello legale. I graffiti in Cina sono infatti un tipico esempio di attività che si muove ai margini della legalità. Formalmente proibiti, i graffiti sono però tollerati dalla magistratura cinese, a patto ovviamente che il tema del disegno non sia offensivo, non sia troppo vistoso o non diventi virali. Come scritto altrove parecchi anni fa, della censura cinese si ha una percezione forse errata, dato che non colpisce il singolo ma il suo possibile farsi alternativa.

Un altro pregio di I graffiti in Cina è quello di ripercorrere, seppur brevemente la storia dei graffiti dalla loro nascita negli Stati Uniti fino allo sbarco in Europa e quindi l’arrivo in Cina. Il punto di partenza di questa contaminazione culturale sembra essere, ancora una volta, Hong Kong a cui si affianca però Pechino grazie alle eclatanti gesta di Zhang Dali con i suoi ritratti sui palazzi in demolizione. Il focus del libro, come dicono le autrici, è in realtà il voler aprire uno spiraglio su un fenomeno ancora pressoché sconosciuto al grande pubblico, ossia il mondo dei graffiti in Cina.

Graffiti in Cina si concentra sulle città di Pechino, Shanghai (ovviamente presente Moganshan Road con il suo quartiere artistico) e Chengdu (la capitale dell’hip hop cinese) andando alla scoperta di writer e crew. BJPZ, Kwanyin Clan, ABS crew, ma ancora Oops crew e Tin.G per finire con Gas e Fan Sack, tutti nomi che imparerai a conoscere leggendo questo libro, presenti tra le pagine come tag sopra un muro. Uno dei valori aggiunti di questo volume è quello, infatti, di raccontare non solo i graffiti ma anche chi queste opere le realizza e su ciò che vi gravita attorno.

In conclusione, I graffiti in Cina è un libro che non può mancare sugli scaffali della libreria di un amante di questo splendido paese. Il tema trattato non è dei più comuni ed è estremamente interessante, uno spaccato di vita quotidiana cinese che non troverai sui libri di testo. Il grande merito di opere come queste, è quello di costruire ponti perché culture lontane si conoscano meglio. Non resta quindi che far partire una canzone di PG One, o se preferite Snoop Dogg, mettersi comodi e tuffarsi nelle pagine di Graffiti in Cina. Buoni 涂鸦 (túyā) a tutti, non fatevi prendere!

Fonte immagine di copertina: Wikicommons