Vi parlavo della Brussels Event Brewery, vi ho citato il famigerato Maritime, ma in tutto questo forse alcuni ancora non ci sono stati…
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Dove? A Molenbeek-Saint-Jean, il cui nome già di per sé evoca il sacro terrore in molti Expats da poco a Bruxelles, che pensano che oltre la stazione metro di Sainte-Catherine e soprattutto oltre il Canal de Charleroi ci sia una specie di Triangolo delle Bermude, nel quale si viene risucchiati e ci si risveglia non già nudi in un fosso ecc. ecc. come il “cuggino” di Elio, ma almeno con una djellaba e convertiti all’Islam, se non semplicemente…senza portafogli.
Figurarsi, poi, vicino a Etangs Noirs o Ribaucourt o al Maritime…”Lasciate ogni speranza, o voi che passate”? Anche no.
A me il “lato oscuro” che si trova oltre-canale affascina molto, anche se non rientra tra le mie abitudini salutistiche l’andarci a passeggio da sola alle tre di notte.
Vero è che oggi la Commune, al di là della pessima reputazione, ha una connotazione altamente “esotica” e multietnica: numerose sono le moschee ed i bazar in stile Nordafricano, il vociare impertinente nelle piazze e nelle case ha forti accenti arabi, ancora si vedono bambini giocare per strada, e il mix generale è tra la nonchalance e lo “sgarruppato”…Si ha la viva sensazione di trovarsi nel quartiere di una città mediterranea e maghrebina, più che al Nord Europa.
Questo per la parte storica di Molenbeek. Perché, ne esistono altre?
Certo, c’è anche quella “bene” sviluppatasi a partire dagli anni Cinquanta nella parte alta, verso Karreveld e la Basilique di Koekelberg, lungo i Boulevards Machtens e Mettewie. Camminando lungo queste strade si potrebbe benissimo credere di essere nell’anonimato dei quartieri anni Sessanta di una delle Woluwe, o ad Auderghem, con la sola differenza –non risibile, almeno per me– che la Stib sembra aver dimenticato di potenziare i collegamenti (per prendere la metro bisogna arrivare fino a Simonis o Bekkant) per cui il quartiere è sì “pettinato” ed addirittura appetibile (anche per i prezzi delle case, che per il solo fatto di essere “al di là” del Canale costano quasi la metà che nei Comuni che ho appena citato), ma un po’ più tagliato fuori per chi non può muoversi in auto e/o ha voglia di un po’ di vita. Resta in effetti una zona prevalentemente residenziale, il classico “deserto alla belga” dopo le 19.
Quindi, sì, c’è anche la Molenbeek posh, ma è forse troppo tranquilla e banale perché se ne parli.
Torniamo dunque alla parte “bassa”, dove non ci sono più i grandi viali o i palazzi eleganti, e dove una numerosa popolazione di origine straniera (prevalentemente dal Maghreb, dall’ Africa sub-sahariana, dall’Europa centrale e dell’Est) vive in edifici più piccoli e spesso vetusti, in quartieri che in precedenza erano destinati alle fabbriche ed al terziario e che non hanno ancora perso del tutto le connotazioni derivanti dal passato industriale ormai sepolto, per cui mancano di aree verdi e di spazi destinati alla collettività.
Molti giovani che sono cresciuti qui cercano di restarci, un po’ per non tagliare il cordone ombelicale con la propria “gente”, ma soprattutto per motivi economici: i proprietari sanno che non avrebbero mercato se cercassero di affittare un bilocale a 700 Euro e oltre come da altre parti, quindi i prezzi sono ancora abbordabilissimi.
La popolazione belga della classe media, invece, a lungo ha evitato di stabilirsi in quest’area, un po’ “giù di tono” nonostante l’impegno incessante dei Contratti di Quartiere.
In molte zone sono però iniziate già da anni vaste opere di ristrutturazione edilizia ed urbana, destinate a migliorare il volto della città: gli urban promoters hanno spesso fatto man bassa, comprando per una pipa di tabacco aree che nessuno voleva, riqualificandole e trasformandole in residences pieni di loft iperaccessoriati.
In linea di principio, il processo dovrebbe consentire di trovare il giusto mix sociale, ma in realtà per anni ha leggendariamente attirato solo persone che a Bruxelles cercavano un pied-à -terre d’appoggio temporaneo o, vuoi per paura vuoi per snobismo, non partecipavano alla vita di quartiere, limitandosi a rientrare e ad uscire in auto: per loro, Molenbeek è stato a lungo solo il posto dove le case costano poco e dove bisogna fare attenzione uscendo dal garage perché i vicini guidano come terroristi.
In ogni caso, nella parte di Molenbeek vecchia l’attuale City-Dev (ex SRDB) e gli immobiliaristi hanno spinto molto sull’accelleratore, per cui ora chi passa lungo il Canale può restare sbalordito dalla successione degli edifici nuovi dai volumi architettonici alquanto interessanti, alle spalle dei quali ancora si svolge il mercato del giovedì mattina e ancora si vedono i pensionati marocchini che sorseggiano il proprio thé alla menta sul Parvis de Saint-Jean.
Già vi parlavo delle grandi strutture industriali, souvenir della Molenbeek-Manchester, ora riconvertite in ampi spazi polifunzionali a matrice culturale, come la già citata Bottelarij, l’Hotel Meininger, la Fonderie… A questi si affiancano interventi più puntuali e dalla matrice chiaramente residenziale, ma non per questo meno di pregio.
Un gioiellino architettonico è per esempio l’intervento di trasformazione delle vecchie brasserie Hallemans e la riqualificazione delle parti adiacenti, in un progetto chiamato Cheval Noir. Riuscito è, tra i molti, l’intervento Rive Gauche Les Quais, che ha dato –tra l’altro- un nuovo volto alla zona di Comte de Flandre.