La magia del Teatro dell’Opera

Oggi ho invidiato la donna che lavora alla biglietteria del Teatro dell’Opera di Budapest.
Lavorare alla biglietteria di un teatro, di un cinema, di uno stadio o alla cassa di un supermercato é sempre stato considerato un lavoro monotono e poco attraente, certo in tempo di crisi chi non ha un posto di lavoro é bene che impari a non rifiutare nessuna opportunitá men che meno queste nel caso si venissero a presentare. Detto questo, l’occupazione del bigliettaio e del cassiere non é certo una professione tra le piú desiderate.
Questa sera ero al Teatro dell’Opera di Budapest, in fila per un biglietto de Le nozze di Figaro, e contestualmente entravano gli spettatori dello spettacolo delle 18.
Ogni sera succede la stessa storia da piú di un secolo, centinaia di persone si danno appuntamento ai piedi della grande scalinata. Molti sono in abito elegante per l’occasione, ci sono famiglie intere, coppie affannate che hanno affrontato il traffico nelle ore di punta, scolaresche, coppie di anziani che da decenni frequentano il teatro entrano per mano e si muovono con leggiadria e poi ancora che commozione vedere quei ragazzotti (amo immaginare che arrivino dalla provincia) che aprono la porta principale e favoriscono l’ingresso nel teatro ad una madre, non ancora troppo vecchia per rifiutare un invito irrinuncibile: “ti prometto mamma che prima o poi ti porto al Teatro dell’Opera”, la mamma entrando ha gli occhi pieni di stupore, si confonde tra la folla, non sa di essere osservata da qualcuno che da lontano in fila alla biglietteria certamente un po’ dovrebbe farsi gli affari suoi ma non riesce a non guardare quello spettacolo di esseri umani e di storie che si intrecciano e si sovrappongono. Ci sono coloro che ritrovano per l’occasione amici che non vedono da settimane, altri che arrivano insieme, e sempre ogni sera da piú di un secolo ci sono anche coloro che fino a pochi munuti prima dell’inizio dello spettacolo non hanno ancora visto entrare dal portone principale il proprio compagno e lo cercano tra la folla, schivando con lo sguardo le varie figure entranti, aspettano con ansia, cercano risposte al telefono, scuotono la testa.

Prima dell’inizio dello spettacolo ognuna di queste persone finisce per  incontrare finalmente il proprio compagno, tranne qualcuno. Questa sera  a un minuto dall’inizio dello spettacolo erano rimasti in due: un ragazzo ai piedi della scalinata di destra e una ragazza ai piedi di quella di sinistra.Un minuto allo scadere, il ragazzo sembra nutrire delle speranze, dalla parte opposta la ragazza ha uno sguardo assente, preoccupato, continua a guardare un telefono che non da segnali da troppo tempo, batte i piedi nervosamente sul pavimento, sospira e alza gli occhi al cielo.
30 secondi alla chiusura delle porte: la maschera invita i due ad entrare perché a breve inizierà lo spettacolo. Ecco che dalla porta principale entra una ragazza di corsa con il fiatone abbraccia il suo fidanzato e si baciano, entrano finalmente e prendono posto, non rimane che una ragazza sola ai piedi di quella grande scalinata. La ragazza scuote il capo, si stringe nelle spalle, guarda per l’ultima volta la porta di ingresso e poi la maschera e decide di non entrare. Ha gli occhi ludici, di qualcuno che ha sperato fino all’ultimo che lui venisse e le é andata male.  Ciò che farà ora sarà uscire velocemente dal teatro e spegnere il telefonino, cosciente che qualsiasi notizia tardiva non servirebbe a ripagare tanta amarezza. “Scene come queste accadono tutte le sere” cosi mi spiega la bigliettaia ora che é arrivato il mio turno e ci ritroviamo entrambi sospesi ad osservare quegli ultimi istanti di una storia che si ripete da oltre un secolo ogni sera anche al Teatro dell’Opera di Budapest.

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