Cap Africa: un pot-pourri mangereccio nel cuore africano di Bruxelles

Uno dei motivi per cui Bruxelles mi piace tanto è che sembra ci sia un posto per tutti e per tutto:  un elemento indiscutibile è l’onnipresente multiculturalità, pur nelle sue innumerevoli sfaccettature.

A molti magari gli aspetti più complessi di tutto ciò non interessano, ma la pancia spesso fa da padrona, e non si può negare che qui, se si ha voglia di mangiare qualcosa di diverso ogni sera, ci si riesce tranquillamente.

Voglia d’Africa? Ancor più facile.

Già vi avevo parlato del Matonge, il “quartiere africano” di Ixelles vicino a Porte de Namur.

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I ristoranti che popolano la zona e che si susseguono uno di fianco all’altro, addirittura a volte condividendo i tavoli delle terrasses, sono una vera opportunità per testare le cucine tradizionali. I menus, alla fine, presentano un leit-motiv ricorrente: carne o pesce, cucinati in differenti modi e con salse dal grado di piccantezza sorprendente, con l’immancabile riso o couscous di manioca, e bananes fritte a coronamento.

Ogni cucina, poi, ha le sue particolarità.
Per esempio, il mio stomaco e le ricette dell’Inizia (pur conosciute e apprezzate da moltissimi…che non soffrono di gastrite evidentemente) non vanno per nulla d’accordo.
C’è il Soleil d’Afrique, dove per trovare posto davanti ad una specialità senegalese bisogna talvolta sperare nella selezione naturale, e una volta installati può anche capitare che i gestori si dimentichino di noi.
L’Horloge du Sud è un po’ più defilato, ma non è male, soprattutto perché spesso vi si organizzano concerti ed eventi a tema.
Se proprio non ci piace il quartiere, basta spostarsi verso il Parvis de Saint-Gilles e Le Vieux Mila garantirà un ottimo pasto camerunense anche la sera tardi in zona più bo-bo.
Oppure ci si può dirigere in centro verso il mio quartiere preferito, quello intorno alla Rue Dansaert e a Sainte-Catherine, e su Rue de Flandre c’è l’unico ristorante malgascio di Bruxelles, il Madagasikara.
Posti ad hoc sono in ogni caso sparsi un po’ ovunque, e spesso sono semplicemente dei piccolissimi cafés di quartiere: una volta ho mangiato dell’ottima capra (sìììì, non storcete il naso e dimenticate Heidi) ad Anderlecht, vicino ad Aumale, in un locale minuscolo che nemmeno so più come si chiami…Ottimo quindi sperimentare, ma comunque la cosa migliore è essere accompagnati da qualcuno “che sa” e che magari è compatriota dei frequentatori abituali del ristorante.

 

Le terrasses dei ristoranti su Rue Longue Vie (credits: web)

Il “mio” posto di fiducia resta sempre uno che più multiculturale di così si muore: il Cap Africa.

Su Rue Longue Vie -sì, quella strada pedonale famosa, dove ristoranti, dealers e commissariato di polizia convivono (poco) amabilmente, fianco a fianco-, proprio di fronte al Soleil d’Afrique di cui sopra, c’è una vetrina colorata.  Se si spinge la porta a vetri, si è accolti dal sorriso a trentadue denti della proprietaria, una bionda signora rumena che –insieme con la famiglia- gestisce il locale con un misto di piglio generalesco e modalità mamma-chioccia.

Il cuoco è originario del Benin (la prima volta io sono capitata in questo ristorante grazie ad un mio amico Beninoise che insegna matematica in un liceo di Anderlecht), ed ama conversare anche  in spagnolo, avendo lavorato per molto tempo in un’ambasciata a Madrid.

La clientela è molto varia, e gli habitués non sono pochi, sempre in tema col pot-pourri etnico di cui sopra.  Se volete restare in santa pace e misantropa solitudine (…che uscite a fare? La TV proprio non ce l’avete?) o state pensando ad un romantico tête-à-tête, meglio che troviate un piano B, perché qui è facile che uno dei frequentatori del locale vi riconosca (o così crede) e si installi al tavolo per due  chiacchiere.

Non parliamo della proprietaria, che se vi prende in simpatia (e per le Italiane dalle trecce afro come la sottoscritta pare sia automatico…) morirà dalla voglia di raccontarvi come preparare un dolce rumeno da coma glicemico o del posto migliore per una luna di miele (!!!) ad alto sapore balcanico.

In ogni caso, il Cap Africa è sicuramente un ottimo indirizzo per cene informali ed economiche tra amici.

Le volte che ci sono stata mi sono sempre trovata bene, e il posto è pulito (il che a Bruxelles è sicuramente un plus, per quanto ci possa sembrare ovvio…).

Un altro punto a favore? Bevanda o birra inclusa, ce la si può cavare con 10-15 Euro a testa.

Cap Africa – l’interno (credits: web)

Tornando al cibo: il menu è vario ma essenziale, con piatti di varie provenienze ed ovviamente i punti-cardine (riso/cous-cous e carne o pesce, assieme ad un piatto di banana fritta).

Chèvre grillée e Attieké (credits: web)

Da provare sicuramente un antipasto di Eperlans fritti Ii pescetti che pescava mio zio quand’ero piccola? Sicuramente non sono gli stessi, visto che gli Eperlans sono di mare, ma ci assomigliano molto), per poi continuare con del pesce Tilapia grigliato, o la Chèvre grillée, o del Poulet Mafé, insieme con un po’ di Pondu (foglie di manioca bollite e saltate, che assomigliano tantissimo a degli spinaci), con dell’Attieké (cous cous di manioca, qui servito con verdure: mi piace molto, è più leggero di quello maghrebino) o del semplice riso bianco, e una porzione ad alto contenuto calorico di Banane Plantain fritte da spiluccare in condivisione tra commensali.

Piccola nota: se ci capitate alla vigilia di qualche evento, facile che la “padrona di casa” vi faccia assaggiare in anteprima e honoris causa (…insomma, non vi offre il limoncello ma il concetto è lo stesso) una generosa porzione di qualche dolce che sta preparando per l’indomani. Lo strüdel di mele del 30 dicembre, per esempio, non sarà stato per nulla africano, ma era eccezionale…Un’altra trovata fusion?