Un proverbio tira l’altro

C’è un proverbio ungherese che dice “Ahány nyelvet tudsz, annyi ember vagy” ovvero “Tante lingue conosci tante persone sei”, proprio da questo concetto volevo partire per raccontare un po’ la lingua ungherese, meglio chiamarla lingua magiara, visto che non viene parlata solo all’interno del territorio ungherese.

E’ una lingua molto difficile, almeno per noi italiani, “l’unica lingua che il diavolo rispetti”, sempre per citare un altro detto ungherese e si sa, i proverbi rappresentano un po’ l’eredità culturale di un paese e del suo popolo, quindi per capire e far capire meglio l’Ungheria ho pensato di intraprendere un viaggio tra i suoi proverbi più singolari.

Ahány ház, annyi szokás”, letteralmente “Tante case, tante abitudini”. L’ungherese non è generalmente uno che va nella direzione della corrente, magari anche in modo un po’ presuntuoso tende sempre a mantenere una certa indipendenza di pensiero, per questa ragione questo proverbio assume un significato ancora maggiore se si pensa che il complesso di queste singolari personalità forma un mosaico che visto nell’insieme restituisce un disegno ben preciso: un popolo fiero, un po’ malinconico, che nonostante ne abbia viste passare di cose sotto i ponti del Danubio, ha dimostrato nel corso della storia di non essere per nulla arrendevole. Qui un vecchio magiaro direbbe: “Más idők, más emberek”, “Altri tempi, altra gente”, da un punto di vista personale a dire il vero io vedo negli occhi e nelle intenzioni dei giovani ungheresi la stessa tenacia dei tempi migliori, la stessa imperturbabile convinzione nei propri mezzi.

Anche perché diciamolo ad alta voce, a tirare il carretto qui sono le donne. Altro che “tale padre tale figlio” qui in Ungheria si dice “Amilyen az anya, olyan a lánya”,  “Tale la madre, tale la figlia”. Nel mio percorso professionale sono circondato tutti i giorni da donne, brave, attente, competenti e professionali. Una vera e propria società matriarcale, dove la donna oltre a sopportare la responsabilità della famiglia, lavora sodo in prima linea per la propria soddisfazione professionale.

Ma come si dice “Jó bornak nem kell cégér”, “Il vino buono non ha bisogno di pubblicità” e soprattutto della mia pubblicità, chi si è trovato a frequentare professionalmente l’Ungheria già conosce la caparbietà delle donne, e la loro versatilità e la lesta organizzazione nello sbrigare le varie faccende quotidiane. “Aki időt nyer, életet nyer”, “Chi guadagna tempo, guadagna vita”, ruba pure i soldi agli ungheresi ma non rubare loro un minuto del loro tempo libero. Questo l’ho imparato durante i miei primi anni qui in Ungheria, il sabato e la domenica sono sacri, come sacro è l’orario dopo il lavoro, da dedicare tutto a se stessi e ai propri interessi personali.

Inizialmente consideravo la lingua magiara una lingua un po’ “sovietica” (passatemi il temine), poi un giorno ho letto un piacevole libro di Chico Barque un musicista scrittore brasiliano che si è innamorato della lingua magiara a tal punto da trasferirsi da Rio de Janeiro a Budapest con lo scopo di imparare la lingua, il quale suono musicale l’aveva rapito.

A könyvek néma mesterei”, “I libri sono maestri silenziosi” e così anche io da quel giorno ho pensato di innamorarmi ancora di più di un paese che mi ha lentamente stregato e per il quale nonostante la crisi economica e il momento di generale incertezza riesco ancora a prevedere un radioso futuro.

Per chiudere un famoso proverbio latino:

Extra Hungariam non est vita; et si est vita, non est ita”,

“Fuori dall’Ungheria non c’è vita ma, nella eventualità ci fosse, non sarebbe certo come la nostra”.

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