Itinerari cilentani – Maria Santissima di Novi Velia

Il Monte Gelbison (fotografia di Gisella Forte)
La Croce del Monte Gelbison, al tramonto (fotografia di Gisella Forte)

Luogo di pellegrinaggio fin dal Medioevo, ammantato di leggenda come ogni angolo del Cilento, il Santuario dedicato alla Madonna del Monte SacroMaria Santissima di Novi Velia o Madonna del Gelbison, nella cultura popolare semplicemente Madonna del Monte, è uno dei santuari più alti d’Italia.

Sorge infatti a 1705 metri d’altitudine, nel luogo di un antico tempio pagano probabilmente dedicato ad Era, sulla vetta del Monte Gelbison: il toponimo, di origine araba (Gebel-el-son), probabilmente attribuitogli dai pirati saraceni agropolesi, significa Montagna dell’Idolo, a testimonianza di una sacralità del luogo rimasta intatta a prescindere dalle dominazioni.  

La stupefacente collocazione dell’edificio che ospita il Monastero, proprio sul punto più alto del Monte, permette di ammirare un panorama a 360 gradi che spazia dai Monti Alburni al Massiccio del Pollino, e guardando verso il mare (perché nel Cilento in piena montagna si vede il mare…), la Calabria tirrenica fino alla Sicilia e alle Isole Eolie, Capo Palinuro, la Costiera Amalfitana, il profilo di Capri e Ischia. Nelle giornate di cielo estremamente limpido e sereno, lo sguardo arriva fino al Mar Ionio e al Golfo di Taranto.

Una grande Croce di ferro è stata posteriormente costruita nei pressi del Sagrato ed è visibile praticamente da quasi tutto il Cilento: il luogo in cui sorge si chiama Piazzale dei nove cori, in onore ai nove cori degli angeli di cui la Madonna è Regina, e per questo nove volte i pellegrini, in un tempo passato, vi giravano intorno.

Dalla Croce al Sagrato, lungo i contrafforti che delimitano il percorso, è possibile vedere una Via Crucis in maioliche del Settecento.

Sempre nel punto più alto del Monte, bellissimi sono Il Giardino della Madonna e la Cappella di San Bartolomeo.

Appartiene ai sette santuari mariani del Cilento accomunati dalla cosiddetta Leggenda delle sette Sorelle o Madonne, che sono: la Madonna  del  Granato (Capaccio Vecchio, Monte Vesole Sottano); la Madonna  della  Stella (Sessa Cilento, Monte della Stella); la Madonna  della  Civitella (Moio della Civitella, Monte Civitella); la Madonna del Carmine (Catona); la Madonna della Neve (Piaggine, Sanza, Monte Cervati); la Madonna di Pietrasanta (San Giovanni a Piro, Monte Piccotta); e, appunto, la Madonna del Sacro Monte di Novi Velia, la Madonna Nera. I luoghi di culto in cui si venerano sorgono sempre su alture che si chiudono a cerchio rivolto verso il mare.

Il culto delle Sette Sorelle è antichissimo, addirittura si perde in modelli precristiani.

Il sette, numero magico e simbolico in molte culture, anche nella Bibbia esprime la perfezione, la totalità.

Madonne nere si trovano anche in alcuni dei più grossi centri di pellegrinaggio europei: Czestochowa in Polonia, Einsieldeln in Svizzera, Montserrat in Spagna, Chartres in Francia, Altotting in Germania.

La statua lignea di Novi, dai tratti orientali tipici dell’iconografia bizantina e restaurata in epoca moderna, fu portata in questo luogo impervio dai monaci basiliani, italo – greci sfuggiti all’eresia iconoclasta del 726 d.C. (si veda in proposito quanto scritto a proposito in questo post) che nel Cilento longobardo, con i suoi boschi fittissimi e le mille grotte e anfratti, trovarono riparo e rifugio, il luogo ideale per l’isolamento necessario alla loro vita eremitica e cenobitica.

Si tratta non a caso della Madonna Odighitria, “colei che guida il cammino”.

Maria SS. di Novi Velia, La Odighitria
Maria SS. di Novi Velia, La Odighitria

Il primo documento attestante l’esistenza di un piccolo tempio sul Gelbison è però di epoca normanna, del 1131: un Diploma che Ruggero II il Normanno diede all’Abate Leonzio di Santa Maria Grottaferrata in cui si parla di una “rupis Sanctae Mariae”.

In origine, infatti, il santuario altro non era se non un complesso di grotte in cui i monaci si erano stabiliti.

Ampliato questo piccolo tempio e divenuto santuario, appartenne per alcuni anni al vescovo di Capaccio, per poi essere comprato in epoca angioina, nel 1323, da Riccardo da Marzano, Maresciallo del Regno di Sicilia, duca di Sessa, conte di Squillace, barone di Novi, principe di Rossano, che lo diede ai monaci celestini.

Essi erano senz’altro i più adatti ad un santuario collocato in siffatta posizione geografica: l’Ordine dei Celestini, fondato nel 1264 da Pietro del Morrone, che divenne papa con il nome di Celestino V, era infatti una congregazione di eremiti il cui tenore di vita era essenzialmente contemplativo, austero, solitario. All’estinzione dell’ordine, vari secoli più tardi, tornò al vescovo di Capaccio.

Il pellegrinaggio al Monte è perciò tradizione estremamente antica, profonda, sentita, oltre che antropologicamente molto interessante.

Tutti i paesi del Cilento, e molti delle regioni limitrofe, lo compiono almeno una volta all’anno. I riti che da allora accompagnano il pellegrinaggio sono un misto di sacro e profano, uno dei mille esempi riscontrabili nel Cilento di sincretismo religioso.

Ad esempio, la tradizione vuole che le “Compagnie”, ossia i gruppi di persone dello stesso paese, portino, in segno di dono alla Vergine, lo stennàrdo r’a Maronna (stendardo che si usa solo in quest’occasione) e le cènte, doni votivi di ceri su ossature di legno dalle forme più svariate (barca, torre…), a seconda del paese di provenienza: secondo un’antica tradizione deve essere il più giovane della compagnia ad entrare per primo in chiesa, con una Bibbia aperta tra le mani, seguito dai suonatori, dal portatore dello stendardo, dalle donne con le cènte e via via dagli altri componenti della Compagnia.

Le cènte sono la diretta continuazione dei doni votivi che venivano offerti a Demetra, dea delle messi, durante le feste Eleusinie e Tesmoforie, in epoca greca (di Culti Misterici di epoca greca parla inoltre  questo post).

Da notare poi che la Madonna del Granato, “sorella” della Madonna del Monte, è un altro caso di sincretismo religioso, essendo il melograno il simbolo di quell’Hera Argiva cui era dedicato un importantissimo santuario greco, a Paestum (l’itinerario su Paestum si può vedere qui).

Sacro Monte - Santuario di Novi Velia
Sacro Monte – Santuario di Novi Velia

Il Monte Gelbison è inoltre uno strordinario esempio di biodiversità, con i suoi microclimi, nonché habitat di animali rari e preziosi.

Nello spazio di pochi km, si passa dalla macchia costiera ai boschi, di rovere, farnia, cerro, via via salendo fino al pianoro di Fiumefreddo, dove sgorga una sorgente di acqua purissima.

Castagni, abeti, ontani napoletani, corbezzoli, accompagnano fino ai maestosi faggi su in vetta. Le sue pendici verdissime sono abitate da moltissime specie, alcune delle quali rare e protette, come il lupo, la martora, il picchio nero, il gufo reale, l’aquila reale, per la mitologia “uccello degli dei”… che nella Terra del Mito non poteva proprio mancare!

Salita al Santuario - il Bosco
Salita al Santuario – il Bosco

 

Pubblicato da cilentofortravellers

Dietro questo blog si nasconde la penna di Gisella Forte, scrittrice freelance, blogger per passione, "viaggiatrice d'occidente" con casa, amici e piante su varie sponde del Mediterraneo, cilentana doc innamorata ovunque delle sue radici e dei tramonti sul suo mare. Parlare di Cilento è atto dettato dalla volontà di divulgare, far conoscere, far fruire un territorio bellissimo e ancora quasi "sconosciuto".

2 Risposte a “Itinerari cilentani – Maria Santissima di Novi Velia”

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